Per fortuna anche a sinistra molti non credono più al paradigma della Lotta di Classe e non cedono alla paura di dichiararlo apertamente.
Esisterà sempre dialettica e contrasto d’interessi tra lavoratori ed imprenditori, così come esiste tra produttori e distributori, tra assunti a tempo indeterminato ed interinali, tra dipendenti pubblici e privati e tra qualsiasi venditore ed i suoi clienti. Anzi dobbiamo riconoscere che c’è maggiore comunanza di interessi tra un “padrone” ed i suoi salariati di quanta possa essercene tra “padroni” concorrenti.
Se la figura dell’imprenditore non è più opposta a quella del lavoratore allora non parleremo più di sfruttamento ed alienazione e con coraggio potremo pensare a nuove regole che, pur preservando gli essenziali ed inalienabili diritti dei lavoratori, semplifichino il mercato del lavoro ed i meccanismi dell’occupazione.
Se la figura dell’imprenditore non è più opposta a quella del lavoratore allora non parleremo più di sfruttamento ed alienazione e con coraggio potremo pensare a nuove regole che, pur preservando gli essenziali ed inalienabili diritti dei lavoratori, semplifichino il mercato del lavoro ed i meccanismi dell’occupazione.
Dobbiamo rifondare le regole conciliando esigenze di produttività e competitività con la piena salvaguardia dei diritti e con una rete di protezione sociale davvero efficace. Dobbiamo porci il problema di permettere una maggiore flessibilità alle strutture produttive in un ambiente competitivo, nazionale e globale, in cui tutto cambia sempre più velocemente: scenari macroeconomici, budget, previsioni di vendita e costi delle materie prime. D’altra parte dobbiamo farlo riuscendo ad assicurare reale protezione ed assistenza a TUTTI quelli che momentaneamente possono venire a trovarsi senza lavoro e quindi senza alcuna immediata fonte di sostentamento. Protezione significa un sufficiente sistema di sussidi integrativi. Assistenza significa strumenti evoluti, pubblici e privati, di riqualificazione e reinserimento.
Purtroppo per paura di andare a toccare equilibri sociali ben consolidati abbiamo ritardato oltre misura le riforme ed abbiamo alla fine creato un sistema a doppio binario, uno per i padri ed uno per i figli. Nel conflitto generazionale che abbiamo realizzato evitando la responsabilità di interventi strutturali ci ritroviamo nonni longevi e ben felici in pensione; padri assunti con contratti a tempo indeterminato e che, se non pensano già da adesso a schemi integrativi, avranno una vecchiaia piuttosto difficile; ed infine figli o nipoti che un lavoro fisso fanno una gran fatica a trovarlo, che alla vecchiaia non ci pensano nemmeno e per i quali mettere da parte contributi previdenziali è l’ultimo dei problemi.
Sono i nostri figli ed a loro stiamo lasciando in eredità un futuro senza certezza alcuna.
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