sabato 26 novembre 2011

Re-regulation

Dopo la caduta del muro di Berlino abbiamo vissuto 20 anni nel segno del mito del Mercato.
Anche a sinistra abbiamo subito ed accettato passivamente l’idea che mercati privati, deregolati e liberi dalle ingerenze della collettività potessero garantirci il migliore dei mondi possibili.

Ma tutti i miti sono, per definizione, esagerazioni ed oggi difronte alla crisi finanziaria ed economica che investe l’Occidente siamo alle soglie di una nuova svolta. E’ giunto il momento di analizzare in senso critico, ma pur sempre costruttivo, quella idea di Mercato Perfetto che ha ha così pesantemente condizionato in questi anni le nostre vite.

Premetto subito che sarebbe un grave errore andare a recuperare la vecchia idea di Economia Pianificata che ha dimostrato nei fatti di non poter realizzare la sua promessa di prosperità, vera uguaglianza e giustizia sociale. I sistemi basati sulla proprieta pubblica e la pianificazione centralizzata della produzione hanno fallito a tutte le latitudini.

Non si tratta di contestare l’efficienza dei mercati privati. In Natura ed in ogni ambito delle scienze, qualsiasi forma organizzativa “top-down”, direttiva e stratificata, si rivela inefficace. Come ormai convalidato da una letteratura scientifica sterminata in Natura le strutture più stabili si sono evolute e funzionano secondo dinamiche adattive e solidi principi di auto-organizzazione: dalle cellule ai sistemi immunitari, dagli organismi pluricellulari fino al nostro cervello. Nessuno di questi si basa su flussi ordinati di informazioni e forme organizzative rigide, direttive e verticistiche. Addirittura la moderna neuropsichiatria ci insegna che neanche il nostro io e la nostra coscienza sono strutture verticistiche.
Insomma, il concetto di Pianificazione non trova spazio in Natura.

Se i mercati hanno da una parte la proprietà di poter funzionare bene è piuttosto il concetto di “deregulation” che va contestato.
Come in un’efficace metafora di Thomas Friedman i mercati sono come giardini, vanno progettati e curati con dedizione. Non basta sdraiarsi al sole ed aspettare. Lasciati a sè stessi sono ben presto invasi dalle cattive erbacce.

E nello specifico esistono almeno tre grossi ambiti in cui la “mano invisibile” mostra i suoi limiti e la comunità deve necessariamente correre al riparo imponendo un solido ed efficace sistema di regole e garanzie.

Il primo aspetto mette a nudo le stesse basi concettuali delle teorie neoliberiste. E’ la nostra stessa “umanità” a mettere in profonda crisi il mito dell’efficienza assoluta dei mercati.
Secondo l’Economia neoclassica, soprattutto nelle sue varianti ultra-liberiste, il mercato è costituito da enti razionali che, consapevoli dei vantaggi e degli svantaggi di ogni singola scelta, hanno informazioni sufficienti per prendere le decisioni migliori in funzione del proprio benessere personale. Dall’egoismo individuale di tanti piccoli “uomini-computer” emerge spontaneamente il miglior equilibrio collettivo possibile. Il problema è che, come ci insegna la moderna Economia Comportamentale, non agiamo affatto come enti razionali e nelle nostre scelte economiche influiscono fortemente emozioni ed istinti.
La conseguenza di questo nostro limite umano la viviamo ancora oggi sulla nostra pelle. Le bolle finanziarie rappresentano proprio l’estrema conseguenza dell’elevato contenuto di irrazionalità che iniettiamo nei mercati. E tutte le bolle finanziarie della Storia sono sempre seguite a periodi di intensa deregulation. Non sono affatto la dimostrazione di una crisi sistemica del Capitalismo. Sono l’evidente prova che il Capitalismo fallisce quando si gioca una partita senza regole o quando gli arbitri sono distratti.

In secondo luogo un innato sentimento di empatia verso il nostro prossimo ci impone il vincolo morale di tutelare e proteggere i più deboli, quelli che rimangono indietro, spesso vittime innocenti delle dinamiche economiche. E’ una profonda esigenza di solidarietà che ci impone un sistema di regole di tutela e garanzia.

Il terzo ed ultimo limite è dato dal problema delle cosiddette “esternalità”. Ovvero quando in un sistema di libero mercato tra i privati, i costi delle transazioni sono pagati da terzi. Questo aspetto è colpevolmente trascurato nella visione economica neo-liberista. L’esempio più  noto è proprio quello, estremamente attuale, delle conseguenze ambientali delle scelte economiche.

Tutto questo mi convince del fatto che il ruolo dello Stato è necessario e determinante. Esso deve essere arbitro attento di una partita che è giusto sia giocata da giocatori liberi ed autonomi ma sempre nel rispetto di regole chiare e condivise. E deve essere arbitro estremamente severo nel punire falli ed ogni genere di  furbizia.

La mia personale immagine di libero mercato è quella di un fiume impetuoso, che tutto trascina. Non è possibile arrestarlo ma è possibile “domare” la sua forza a nostro vantaggio e sfruttare il suo “limo” benefico per coltivare i “campi” della nostra società. Dobbiamo saper stendere la nostra rete di irrigazione e rubare la sua preziosa acqua a vantaggio della collettività.

Per questo non dobbiamo più abbassare la guardia. Dobbiamo lottare per sistemi di regole a salvaguardia dei diritti dei piu deboli, a difesa della solidarietà, a protezione degli abusi, a garanzia del futuro, ad incentivazione dello sviluppo, della tecnologia e delle conoscenze.

Un lavoro complesso, faticoso e continuativo. Le regole del mercato, i “nostri canali di irrigazione”, hanno costante bisogno di presidio e di manutenzione.
Questo è il ruolo principale della “buona” Politica.
Ed è questa la Sinistra che vorrei.