Quando si analizzano i sondaggi elettorali sentiamo sempre parlare degli “indecisi”, quelli che scelgono solo all’ultimo momento e spesso addirittura decidono il risultato.
Ebbene, io non sono tra questi ed il mio comportamento elettorale è da sempre piuttosto noioso e monotono. La prima volta - avevo appena compiuto diciotto anni - votai per il PCI ed in seguito, senza soluzione di continuità, per il PDS, i DS ed infine per il PD.
E se domani mattina ci fossero nuove elezioni ? Beh, voterei ancora per il PD ma stavolta con molta meno convinzione e forse solo per la mancanza di valide alternative.
In Vendola oltre la dialettica non riesco a trovare solidi elementi di concretezza, il populismo di Di Pietro è vuoto di contenuti e pericoloso, il settarismo di Grillo è addirittura peggio ed il movimentismo spontaneo viola è ammirevole ma assolutamente inefficace.
Debbo però ammettere che ultimamente mi è risultato sempre più difficile capire questo Partito. Non tanto per la sciagurata gestione amministrativa locale a cui mi è toccato assistere nella mia piccola Bussero quanto proprio per le vicende nazionali: il proliferare di personalismi e fazioni, le indecisioni e gli equilibrismi; insomma, tante debolezze ed attendismi che, come qualcuno con estremo cinismo ha osservato, lo hanno trasformato in un Partito “kebab”, attaccato e tagliuzzato da destra, da sinistra, da sopra e da sotto.
Ma a partire dall’assemblea nazionale di inizio Febbraio qualcosa è finalmente cambiato nello stile di leadership e nella chiarezza dei programmi. Un partito che si candida a governare un paese che versa in una terribile crisi economica, sociale e morale non può rimanere ostaggio delle sue fazioni. Deve parlare con coraggio e chiarezza di riforme, di scelte e di cose da fare, senza più paura di veti interni e con tanta voglia di ricostruire consenso all’esterno.
E tra le tante cose da fare c’è anche il Federalismo. E proprio in occasione di quell’assemblea ha fatto scalpore un appello a sorpresa di Bersani alla Lega: “con Berlusconi il federalismo non lo farete mai: a lui non interessa il federalismo, ma i vostri voti, e li userà per il processo breve o per difendere la 'cricca di Roma’". Non solo sui media ma anche all’interno del partito ci fu chi gridò allo scandalo ma il nuovo Bersani sul tema del Federalismo non si è più tirato indietro. A quel primo accenno sono seguiti altri interventi ed addirittura un intervista alla “Padania”, quasi a dimostrare che il tema è ormai stabilmente nell’agenda del Partito.
Nella nuova strategia di Bersani mi sembra di leggere finalmente la consapevolezza della ormai evidente improrogabilità di un riassetto federale del nostro paese. Assolutamente necessario, se vogliamo introdurre elementi di efficienza, di responsabile amministrazione e controllo locale nei meccanismi della Spesa Pubblica, da sempre storicamente inclini allo spreco, ma anche assolutamente urgente se vogliamo intervenire prima che il divario tra Nord e Sud assuma dimensioni non più tollerabili nel mutato scenario della Globalizzazione Mondiale.
Mi sembra anche di intravedere un efficace messaggio diretto a quei tanti elettori della Lega che si sono rivolti ad essa principalmente perché in preda a sfiducia e sconforto verso i partiti tradizionali. Tanti di quegli elettori erano (e sono ancora) elettori di sinistra: operai, impiegati, pensionati, giovani disoccupati e precari che abbiamo perso per strada.
Parlare a questi cittadini significa spiegare, "parlando diritto", che se di Federalismo c'è tanto bisogno quella che sta venendo fuori, frutto di fretta e compromessi, è un cattiva riforma che non risolve affatto i problemi, non introduce equità ed efficienza e rischia addirittura di aumentare la pressione fiscale.
Parlare a questi cittadini significa spiegare, "parlando diritto", che se di Federalismo c'è tanto bisogno quella che sta venendo fuori, frutto di fretta e compromessi, è un cattiva riforma che non risolve affatto i problemi, non introduce equità ed efficienza e rischia addirittura di aumentare la pressione fiscale.
Ovviamente occorre ammettere che c’è anche - ma non solo - il tentativo di incunearsi tra le contraddizioni del Berlusconismo, in bilico tra spinte della Lega e resistenze dei tanti Micciche’, e quindi far leva sul Federalismo per colpire Berlusconi ed aprire una nuova stagione politica. Ed in tanti, anche a Sinistra, non hanno lesinato critiche.
Ma anche su quest’ultimo punto non vedo affatto scandali. In queste ultime settimane le piazze italiane sono state una splendida espressione di un paese che vuole cambiare; sono stati raccolti milioni di firme ma purtroppo Berlusconi è ancora lì; abbiamo sperato in una spallata mediatica che non è arrivata. Nella delusione dobbiamo riconoscere che in una moderna Democrazia è assolutamente legittimo, anche se inopportuno, che Berlusconi voglia rimanere al suo posto.
E personalmente debbo ammettere che, piuttosto che dalla piazza o dai magistrati, mi piacerebbe molto di più un Berlusconi sfiduciato in Parlamento e poi subito nuove elezioni.
Sarebbe davvero la più bella conferma che l’Italia è ancora un grande paese democratico.